Mentre sul fronte giudiziario si allarga il “pandoro-gate”, aumentano i marchi che decidono di interrompere le loro collaborazioni con l’imprenditrice digitale finita al centro della bufera per le controverse campagne di beneficenza
Man mano che si allarga il “pandoro-gate”, una dopo l’altra le aziende che negli anni hanno stretto accordi commerciali con Chiara Ferragni prendono le distanze. Ultima in ordine di tempo, la Perfetti, produttrice di caramelle e gomme da masticare, che ha deciso di ritirare dal mercato le Daygum a edizione limitata griffate Ferragni. L’azienda ha ridimensionato l’operazione spiegando che la scelta non è legata agli scandali che hanno travolto l’influencer. Piuttosto si tratta di un ritiro dell’invenduto già programmato dallo scorso novembre per fare spazio al lancio di nuovi prodotti, ha detto a Fanpage un rappresentano dell’azienda. Il tempismo tuttavia ha alimentato dubbi e speculazioni. Anche perché non si tratta del primo marchio che prende il largo.
La prima a dare il via alle danze era stata l’azienda di occhiali Safilo, che lo scorso dicembre ha interrotto l’accordo di licenza per il design, la produzione e la distribuzione delle collezioni a marchio Chiara Ferragni a causa di non meglio precisate “violazioni di impegni contrattuali”. Poi era toccato a Coca Cola, che ha deciso di fermare lo spot tv che sarebbe dovuto andare in onda a partire dalla fine di gennaio, poco prima dell’inizio del prossimo Festival di Sanremo. “Al momento non prevediamo di usare questi contenuti”, è stato il laconico comunicato della multinazionale, che evidentemente teme l’effetto boomerang.
Sul fronte giudiziario intanto si fa più complicato il quadro accusatorio nel confronti dell’imprenditrice. Dopo l’iscrizione del registro degli indagati, con l’ipotesi di truffa aggravata, per la campagna di beneficenza legata al dolce griffato Pink Christmas, Chiara Ferragni è finita nel mirino dei pm milanesi anche per le uova di Pasqua di Dolci Preziosi e la bambola “Mascotte Chiara Ferragni” di Trudi.
Un quadro emerso dall’atto con cui la Procura di Milano ha sollevato davanti alla Cassazione il conflitto tra uffici del pm sulla competenza a indagare affinché chiarisca a chi spetta portare avanti l’inchiesta sul caso del pandoro (Milano o cuneo). Con l’influencer risultano indagati i rappresentano legali delle tre aziende. L’imprenditrice dal canto suo ribadisce di essere estranea alle accuse contestate. “Siamo totalmente certi della assoluta innocenza di Chiara, emergerà dalle indagini”, il commento degli avvocati.
Secondo le toghe milanesi, la 36enne avrebbe lasciato intendere che l’acquisto del pandoro con lo zucchero a velo rosa avrebbe contribuito alla campagna a favore dell’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino. I pm ipotizzano anche l’aggravante della minorata difesa, cioè una condizione di vulnerabilità dei consumatori, perché la presunta truffa è avvenuta in rete.
A mettere nei guai Ferragni e i manager dell’azienda cuneese, le email finite nel procedimento dell’Antitrust, i cui atti sono confluiti nell’inchiesta, che lo scorso dicembre ha multato per pubblicità ingannevole le società dell’influencer, Fenice e Tbs Crew, per oltre un milione, e a Balocco per 420mila euro. Dalla corrispondenza, in cui si parla di operazione di “marketing”, emerge che “la donazione” all’ospedale pediatrico di 50mila euro “è avvenuta nel mese di maggio 2022”, prima della campagna pubblicitaria, senza devolvere un euro del ricavato della vendita del pandoro. Da qui le multe inflitte
Emblematica la missiva di un dipendente della Balocco: “Mi verrebbe da rispondere” che “in realtà le vendite servono per pagare il vostro cachet esorbitante”, dice in riferimento al milione di euro versato all’influencer per la licenza dei marchi e la realizzazione dei contenuti pubblicitari. E sembra che l’azienda fosse consapevole del pericolo, come svela un’altra email contenuta nella ventina di pagine con cui l’Agcm ha motivato la sanzione. “Per me ok ma massima attenzione all’attività benefica che ci espone a pubblicità ingannevole correlata alle vendite”.
Nel caso della campagna di beneficenza legata alle uova di Pasqua Dolci Preziosi, il sospetto delle toghe milanesi è che la promozione messa in piedi per il dolce al cioccolato tra 2021 e 2022 abbia seguito lo stesso schema del pandoro. L’operazione avrebbe fruttato molto più di quanto poi in effetti devoluto, peraltro non da lei, per la causa pubblicizzata.
In questo caso beneficiaria della presunta raccolta fondi è stata l’associazione I Bambini delle Fate, che si occupa di progetti di inclusione per minori con autismo. L’influencer, come ha confermato il proprietario dell’azienda dolciaria Franco Cannillo – ha ricevuto un cachet di 1,2 milioni (500mila euro nel 2021 e 700mila circa nel 2022) per aver ceduto la propria immagine. La donazione all’associazione, fatta solo da Dolci Preziosi, sarebbe stata invece di appena 36mila euro in due anni.
Il terzo caso invece riguarda la “bambola Ferragni” a edizione limitata realizzata nel 2019 insieme alla Trudi, azienda friulana acquisita lo stesso anno dalla Giochi Preziosi. Beneficiaria della raccolta fondi l’organizzazione non profit Stomp Out Bullying, impegna nel contrasto al bullismo.
Per evitare altri casi simili, il Consiglio dei ministri lo scorso 25 gennaio ha varato il disegno di legge annunciato dalla premier Giorgia Meloni per sanare “un buco in termini di trasparenza”. Non poteva che essere ribattezzato “Ferragni” il ddl che impone a chi fa beneficenza di indicare chiaramente la finalità dei proventi, ma anche la quota o l’importo destinati ai fini benefici. Il provvedimento “assicura una informazione chiara e non ingannevole”, ha detto il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso. Dal ddl sono esclusi sia gli enti del terzo settore sia quelli religiosi.
Prima di immettere il prodotto sul mercato sarà necessario informare l’Autorità garante del mercato e della concorrenza. In caso di violazioni, sarà la stessa Antitrust a imporre le sanzioni. Le multe vanno da 5mila a 50mila euro, in base al prezzo di listino di ciascun prodotto e al numero delle unità poste in vendita). E in caso di condotte reiterate, si rischia la sospensione dell’attività per un anno in caso.
Ferragni dal canto suo si è detta “lieta” perché il ddl “consente di colmare una lacuna che da una parte impedisce di cadere in errore, ma dall’altra evita il rischio che da ora in poi chiunque voglia fare attività di beneficenza in piena trasparenza desista per la paura di essere accusato di commettere un’attività illecita”.
La stretta del governo arriva dopo che lo scorso 10 gennaio l’Autorità per le comunicazioni era già intervenuta con nuove regole sulla trasparenza delle sponsorizzazioni promosse sui social media. L’Agcom ha previsto fra le altre cose che i contenuti di natura pubblicitaria siano chiaramente segnalati e immediatamente riconoscibili.
Le nuove linee guida, che si applicano a chi ha una base di almeno un milione di follower, equiparano la figura dell’infleuncer ai fornitori di servizi media audiovisivi e sono perciò sottoposte alla disciplina del relativo Testo unico (Tusma). In questo quadro, sono vincolate a obblighi relativi alla trasparenza societaria e sulla pubblicità, alla tutela dei minori, al rispetto del pluralismo e del principio di non discriminazione. Le multe per chi non si adegua vanno da un minimo di 10mila fino a un massimo di 600mila euro.
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