È stata modificata la soglia minima per i versamenti Iva, ecco tutto quello che bisogna sapere e chi viene esentato dal pagamento
Sono state modificate le soglie minime per i versamenti di Iva e ritenute: ci sono novità significative per professionisti e imprese per quanto riguarda i pagamenti periodici. Grazie al decreto Semplificazioni, le nuove soglie offrono la possibilità a chi ha un volume di affari ridotto di evitare versamenti minimi, consentendo di concentrare i pagamenti. Esaminiamo le nuove soglie minime per i versamenti di Iva e ritenute sui redditi da lavoro.
Tutto quello che bisogna sapere a proposito della nuova soglia minima dei versamenti dell’Iva
Il decreto legislativo Semplificazioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 gennaio 2024, introduce modifiche all’articolo 9, alzando la soglia minima per i versamenti Iva da 25,82 euro a 100 euro. Questa modifica si applica anche alle ritenute sui redditi di lavoro autonomo. In pratica, per versare l’Iva mensile o trimestrale, è ora possibile accorpare due o più versamenti quando l’importo complessivo è inferiore a 100 euro. In passato, la soglia minima era di 25,82 euro, ma con le nuove disposizioni del decreto Semplificazioni, non sono più necessari versamenti di importo inferiore a 100 euro. Tuttavia, queste somme non sono considerate non dovute definitivamente; devono essere accorpate al versamento successivo, che, se si tratta di Iva mensile, ricade il mese successivo, mentre se è Iva trimestrale, ricade nel trimestre successivo. È importante notare che vi è un’eccezione: il versamento dovuto entro il 16 dicembre, anche se inferiore a 100 euro, deve comunque essere effettuato entro tale data. Queste norme si applicano alle liquidazioni periodiche dell’anno di imposta 2024.
Le medesime disposizioni si estendono anche a:
- rivalsa sulle ritenute per redditi di lavoro autonomo e altri redditi
- commissioni relative a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari.
Ma i contribuenti hanno la facoltà di decidere tra versamenti Iva mensili o trimestrali? In quali circostanze si opta per la periodicità trimestrale e quali oneri finanziari sono applicabili? L’Iva, Imposta sul Valore Aggiunto, generalmente deve essere corrisposta mensilmente, entro il 16 di ogni mese, per le operazioni soggette a Iva svolte nel mese precedente. Tuttavia, alcune situazioni consentono ai contribuenti di optare per versamenti trimestrali, ogni 90 giorni.
Solitamente, chi vende un prodotto o presta un servizio addebita l’Iva al cliente, la riscuote e la versa per conto di quest’ultimo. L’Iva è un’imposta indiretta sui consumi, impattando il consumatore finale. In casi di transazioni multiple, come un commerciante che acquista all’ingrosso e rivende al dettaglio, l’Iva pagata diventa un credito Iva.
Durante la liquidazione Iva, i contribuenti calcolano l’Iva a debito e a credito, differenziandole e versando la somma dovuta. Importante notare che per alcune operazioni l’Iva versata è indetraibile e non costituisce un credito Iva.
Le scelte tra Iva mensile e trimestrale dipendono dalla natura dell’attività e dalle preferenze del contribuente.
Possono optare per il versamento trimestrale dell’Iva i contribuenti il cui volume d’affari nell’anno precedente non ha superato 500.000 euro, comprendendo le cessioni di beni o servizi al netto delle variazioni in diminuzione e delle imposte. Per professionisti, lavoratori autonomi o imprese focalizzate sui servizi, il limite è di 500.000 euro, mentre per altri settori è di 800.000 euro.
Nel calcolo del limite, non vengono considerati beni ammortizzabili e passaggi di contabilità. Questi limiti sono stati stabiliti dalla legge di Bilancio del 2023, precedentemente fissati a 400.000 e 700.000 euro rispettivamente.
L’opzione per l’Iva trimestrale deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi compilando il quadro VO. Tale scelta rimane valida fino a revoca esplicita o al superamento dei limiti legali.
Va notato che coloro che optano per la liquidazione trimestrale sono tenuti al pagamento di un interesse dell’1% sulle somme dovute.
Conformemente all’articolo 74 del Dpr 633 del 1972, l’aggiunta dell’1% non si applica nei settori seguenti:
- distributori di carburante;
- autotrasportatori per conto terzi;
- professionisti nel settore artistico;
- professionisti in ambito sanitario.
Per questi quattro settori, non esistono limiti di volume d’affari, consentendo sempre l’opzione per l’Iva trimestrale.
Indipendentemente dalla scelta tra Iva mensile e Iva trimestrale, se l’importo dovuto è inferiore al limite legale di 25,82 euro, può non essere versato, saldando l’importo nei periodi successivi. Nessun versamento è richiesto se, nella dichiarazione annuale, l’importo dovuto è inferiore a 10,33 euro.
Nel calcolo della liquidazione periodica Iva, deve essere considerata anche l’Iva pagata su documenti di acquisto annotati entro il 15 del mese successivo a quello dell’operazione. Il versamento dell’Iva dovuta avviene tramite il modello F24.
Le scadenze dell’Iva trimestrale sono:
- 16 maggio per il primo trimestre;
- 16 agosto per il secondo trimestre;
- 16 novembre per il terzo trimestre;
- la liquidazione del quarto trimestre avviene direttamente nella dichiarazione annuale.
I codici tributo per l’Iva mensile vanno dal 6001 per gennaio al 6012 per dicembre. Per l’Iva trimestrale sono:
- 6031 per il primo trimestre;
- 6032 per il secondo trimestre;
- 6033 per il terzo trimestre;
- 6034 per il quarto trimestre.
Il codice tributo per il versamento dell’acconto Iva è 6035. In tutti questi casi, se l’Iva non viene versata nei termini previsti, è possibile effettuare il ravvedimento operoso.
Il nuovo calendario del concordato preventivo biennale: ecco come cambiano le scadenze
Come precedentemente menzionato, l’acconto di novembre per la maggior parte dei contribuenti con partita Iva è stato posticipato al 16 gennaio. Oltre alla possibilità di saldare l’acconto in un’unica soluzione entro questa data, la novità significativa riguarda la facoltà di dilazionare il pagamento in 5 rate mensili da gennaio a maggio, secondo il seguente calendario:
- 16 gennaio, prima o unica rata;
- 16 febbraio, seconda rata;
- 16 marzo, terza rata;
- 16 aprile, quarta rata;
- 16 maggio, quinta rata.
Questa innovazione non solo impatta per lo slittamento del pagamento a gennaio 2024 (che comunque colloca l’acconto nell’anno di imposta corrispondente e non in quello precedente come avveniva entro il 30 novembre), ma è un’innovazione interessante soprattutto per la possibilità di dilazionare il pagamento. Fino al 2022, i titolari di partita Iva erano tenuti a versare l’acconto in un’unica soluzione a novembre. Attraverso questa dilazione in 5 mesi, seguita dai pagamenti del saldo a giugno, anch’essi dilazionabili, i lavoratori autonomi e i professionisti avrebbero l’opportunità di effettuare pagamenti quasi mensili, assimilandosi ai lavoratori dipendenti.
Il concordato preventivo biennale
Il concordato preventivo biennale costituisce una significativa innovazione per i titolari di partita Iva, rappresentando una proposta fiscale per la proiezione delle imposte da versare nei due anni successivi, indipendentemente dai ricavi effettivi. L’accettazione di questa proposta comporta l’ottenimento di vantaggi premiali. Inizialmente, per l’anno in corso, è stato introdotto per i contribuenti minori, ma si prevede una possibile estensione della sua applicazione in futuro. Il 2024 funge da anno sperimentale, caratterizzato da un calendario specifico che sarà poi adottato negli anni successivi. Il calendario del concordato per il 2024 segue questa sequenza:
- Entro il 30 aprile 2024, saranno disponibili i programmi informativi forniti dall’Agenzia delle Entrate per le proposte di concordato preventivo;
- Entro il 21 luglio 2024, i contribuenti dovranno inviare tutti i dati integrativi necessari per elaborare la proposta da parte dell’Agenzia delle Entrate;
- Entro il 26 luglio 2024, l’Agenzia delle Entrate comunicherà al commercialista la proposta di concordato, e il cliente avrà 5 giorni per accettarla o meno;
- Entro il 31 luglio 2024, i contribuenti dovranno saldare l’Irpef 2023 e l’acconto 2024 per i soggetti Isa.